Florinas. Maria Domenica Dore aveva trentatré anni e nessuna luce negli occhi il giorno in cui si rassegnò a sposare un uomo che non amava. Per due lustri, dopo la fine del suo grande amore, aveva vissuto reclusa in casa. Come una monaca: mai più una festa, mai più un’uscita in campagna con le sorelle, mai neanche l’accenno di un sorriso. Leggeva e rileggeva le lettere che conservava in un cassetto, accarezzava i fiori di campo essiccati che lui -in quei pochi mesi di gioia che Dio concesse alloro sentimento - le aveva spedito in mezzo ai foglietti delle poesie, pregava senza più speranza. Un
giorno d'inverno del 1909 sposò Antonio Michele Manconi, brav'uomo del paese con uno stipendio di
guardia carceraria e una vita sacrificata da una città all'altra. Solo il primo figlio, Lorenzo, nacque a Florinas; gli altri due Giovannico e Mariuccia a Cagliari e a Oristano. Ebbe un poco di gioia soltanto da suoi bambini, e quando morì a quarantadue anni, il Giovedì santo del 1918 le zie consolarono gli orfani, i compaesani fecero le condoglianze al vedovo e tutti dissero che Maria Domenica Dore, in fondo era già morta il giorno in cui lei e Peppino Mereu avevano rotto la promessa di matrimonio.
“Era un bel giovane. Alto, slanciato, portava con eleganza la divisa dei carabinieri a cavallo. Fin da bambina, qui in casa, ho sempre sentito parlare di Peppino Mereu e di zia Domenica. Per anni, in famiglia, abbiamo conservato le lettere che lui le scriveva. Le custodiva zia Gavina Luigia Carboni, la sorella di nonno: gliele aveva consegnate zia Domenica prima di sposarsi. : Tienile tu, sono la cosa più cara e preziosa che ho’ , disse e per tanto tempo vennero tenute come reliquie, ma poi purtroppo sono andate perse durante un trasloco”. Domenica Carboni ha 86 anni, lo stesso nome della sfortunata zia e gli stessi tratti dolci del viso. Nel soggiorno della casa di Florinas le foto di questa grande famiglia di donne sono incorniciate alle pareti e sui ripiani della credenza. C'è zia Gavina Luigia, la sorella del nonno paterno, che cercò sempre di aiutare i due innamorati di questa storia; c'è Maria Domenica, bella come un attrice del cinema muto;ci sono le sue quattro sorelle (lei era la secondogenita) Lucia, Giovanna Maria, Maria Simona ( «che era mia madre») e Franceschina. “Questa è una parte importante della storia della famiglia, ma le lettere, purtroppo quelle non ci sono più”. Già, le lettere. Nell'epica dell'amore sfortunato tra Peppino Mereu e la figlia del mugnaio Giovanni Dore, restano un mistero mai svelato. Perdute chissà come quelle scritte dal poeta; ma ritrovate invece quelle che gli spedì l'innamorata, le stesse che Mereu, poco prima di morire, sistemò dentro una scatola insieme al ritratto della mamma alla fotografia di Maria Domenica, l’unica donna che abbia mai amato.
Giuseppe Mereu aveva appena vent'anni quando, nel 1892, arrivò a Codrongianus per prendere servizio nella caserma dell'Arma. Si era arruolato nei Regi Carabinieri per sfuggire a un destino segnato come servo pastore o massaio appresso al giogo dei buoi e intanto scriveva le sue liriche sognando di poterle pubblicare. Un giorno, mentre passava a Florinas assieme a un commilitone, incrociò lo sguardo di Maria Domenica Dore e da allora, tra lui e la figlia del ricco mugnaio del paese, nacque un amore fatto di cenni del capo, occhiate furtive, sorrisi discreti. “Zia Fois, la sorella della mamma, sapeva di questo sentimento e cercava di aiutare la nipote. I guai però –racconta Domenica Carboni – cominciarono quando il padre, Giovanni Dore, scoprì tutto. Lui, come tanti a quel tempo, era convinto che i carabinieri fossero uguali ai marinai, pieni di fidanzate in ogni paese. “Senti, gli diceva zia Fois, perché non chiedi al maresciallo oppure qualcuno di Tonara di che famiglia è questo ragazzo?", ma lui non voleva sentire e, per tutta risposta, decise di allontanare la figlia e rinchiuderla nel mulino di Briai, lontano dal paese, sorvegliata a vista da zia Fois”. Peppino Mereu, disperato, cominciò a fare avanti e indietro a piedi, qualche volta pure di notte per poter vedere la sua innamorata anche solo un minuto. “Alle volte zia Fois permetteva anche che di scambiassero qualche parola, ma niente di più: quelli erano tempi in cui una ragazza doveva conservarsi casta e pura”. Una notte mentre andava al mulino, scivolò nel fiume. “E’ da allora che Peppino Mereu cominciò a stare male”. Intanto Giovanni Dore venne a sapere, da alcuni venditori di castagne di Tonara,che quella del giovane carabiniere era una famiglia rispettabile e onorata, “sicché si decise a dare il suo consenso e a far rientrare la figlia a casa. Purtroppo, però, i due innamorati non hanno visto un’ora buona. Peppino Mereu, dopo quella brutta infreddatura nei fiume, si ammalò gravemente di tisi, venne ricoverato nell'ospedale militare di Cagliari e subito congedato dall'Arma”. Fu così che, proprio perché malato e senza più la possibilità di mantenere una moglie, decise di sciogliere la promessa di matrimonio. Tornò a Tonara, dove morì nel 1901, mentre Maria Domenica Dore - confinata nella sua casa di Florinas - per anni visse nel ricordo di quell'amore sfortunato. “Per più di dieci anni fece una vita di clausura. "Perchè non esci'?", le chiedeva il babbo, e lei rispondeva: "E dove vado, a vedere Peppino?"». Alla fine dovette cedere alle pressioni del padre, “che la voleva vedere sistemata: a quel tempo una donna doveva avere marito”e sposò Antonio Michele Manconi. Fu una moglie devota e per i suoi tre bambini una mamma dolcissima. Quando, tanti anni dopo, il primogenito Lorenzo scrisse un libro dedicato al paese Veccha Florinas, dedicò un intero capitolo all’amore tra sua madre e il poeta di Tonara. “Mamma–confidò Lorenzo Manconi -mi raccontava sempre di quel sentimento che portava nel cuore. Ero un bambino, ma lei voleva che sapessi. Mi diceva: "Ascolta, figlio mio, ascolta. Questa è stata tutta la mia vita”.
di Piera Serusi - L'Unione Sarda del 28 Luglio 2007
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Poesie complete. Testo sardo a fronte di Peppino Mereu
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